Assegno Protestato, cosa significa, rischi e come regolarizzarlo

Quando si accettano pagamenti con l’Assegno è possibile imbattersi in un Assegno Protestato, spesso si sente questa parola nell’ambito dei pagamenti con Assegno, ma pochi conoscono esattamente cosa significa, come funziona il protesto e quali sono le conseguenze che esso comporta, in questo articolo approfondimento in maniera completa, semplice ed efficace questo argomento, al fine di comprendere a pieno cosa fare quando si ha tra le mani un Assegno Bancario o Postale Protestato.

Assegno Protestato, che cos’è?

Un assegno protestato si identifica come un titolo di pagamento per il quale è stato avviato un iter legale al fine di verificare l’insolvenza del debitore nel saldare la cifra ivi indicata. Tale procedura è usualmente amministrata da un notaio o un ufficiale giudiziario, incaricati di salvaguardare gli interessi del creditore, ossia la parte che, avendo ricevuto l’assegno come metodo di pagamento, si ritrova impossibilitata a incassare l’importo dovuto, per motivi quali l’insufficienza di fondi sul conto del debitore.

La procedura di protesto si rivolge non solo all’emittente dell’assegno ma anche a eventuali endossatari; qualora si verifichi la situazione di un assegno scoperto o comunque non pagabile, il protesto si applica a tutti i soggetti coinvolti.

Nel contesto di un assegno protestato, la posizione del creditore riceve protezione anche dalle Banche, le quali emettono una certificazione attestante l’impossibilità di incasso del credito da parte del creditore nonostante la presentazione dell’assegno nei termini stabiliti dalla legge. Questo documento, fornito dalle banche, viene successivamente inoltrato alla Camera di Commercio per l’ufficializzazione del protesto e per l’inserimento del debitore in un registro elettronico specifico.

Le conseguenze per chi emette un assegno protestato senza copertura non si limitano all’iscrizione nel registro dei protesti; la normativa prevede inoltre che i dettagli dell’emittente siano registrati anche presso la Centrale di Allarme Interbancaria (CAI).

Il processo per la gestione di un assegno protestato inizia con l’avviso al debitore, tramite telegramma o lettera raccomandata, dell’insuccesso nell’incasso del titolo per mancanza di fondi, concedendo un preavviso di possibile revoca entro 60 giorni.

Se il debitore provvede alla copertura dell’assegno entro questo periodo, dovrà sostenere il pagamento degli interessi legali, delle spese di protesto e di una sanzione pari al 10% dell’importo totale dell’assegno. In assenza di pagamento entro i 60 giorni stabiliti, il nome del debitore verrà inserito nell’elenco dei Protestati della CAI.

Per regolarizzare la situazione entro i 60 giorni previsti, il debitore può optare per il pagamento presso la banca emittente l’assegno, oppure rivolgersi al notaio o all’ufficiale pubblico che ha formalizzato il protesto, o ancora saldare direttamente il debito verso il creditore.

Per rimuovere il proprio nome dal registro dei protesti, il debitore deve inoltrare una richiesta di riabilitazione al Tribunale entro un anno dalla data del protesto, avvalendosi dell’assistenza di un avvocato.

La legge prevede un termine massimo di 5 anni per l’eliminazione del protesto dai registri pertinenti.

Assegno Protestato, quali sono le conseguenze?

Le conseguenze derivanti dal protesto di un assegno per mancato pagamento comportano una serie di ripercussioni significative per l’emittente del titolo:

  • Viene inviato all’emittente un avviso tramite telegramma o lettera raccomandata, segnalando l’inizio sia della procedura di protesto sia del termine di 60 giorni concesso per il saldo del debito;
  • Qualora l’importo dell’assegno venga saldato entro i suddetti 60 giorni, all’emittente verranno addebitati gli interessi di mora, le spese relative al protesto e una sanzione pecuniaria approssimativamente pari al 10% della cifra dell’assegno.

Nel caso in cui l’assegno non venga regolarizzato entro il termine di 60 giorni:

  • Il nome dell’emittente verrà inserito nell’Archivio dei Protestati della Centrale di Allarme Interbancaria (CAI), gestita dalla Banca d’Italia, dove rimarrà registrato per un periodo di cinque anni, anche se la somma dovuta venisse successivamente pagata.
  • Oltre alla registrazione nel CAI, si verificherà anche la revoca di eventuali fidi bancari concessi all’individuo e del permesso di emettere assegni presso qualunque istituto di credito.

Riguardo alla mancata copertura di un assegno a causa di insufficienza di fondi, l’emittente si espone a sanzioni amministrative pecuniarie che variano da 516 a 3.098 euro.

Per assegni di valore superiore ai 10.000 euro o in caso di reiterazione dell’infrazione, la sanzione amministrativa pecuniaria oscilla tra 1.032 e 6.197 euro, a evidenziare la gravità dell’atto e l’intenzione di disincentivare tali comportamenti.

Cancellazione Assegno Protestato, come avviene?

La cancellazione di un assegno protestato dai registri pubblici rappresenta un passo cruciale per ripristinare la reputazione finanziaria dell’interessato, il quale altrimenti potrebbe incontrare ostacoli nell’ottenere finanziamenti o avviare rapporti commerciali in futuro.

Per procedere alla cancellazione dell’atto di protesto non solo dall’elenco presso la Camera di Commercio ma anche dalla Centrale Rischi consultata dagli istituti di credito, è importante seguire determinate procedure, in quanto non è consentito richiedere l’eliminazione immediata dal registro dei protesti, anche dopo il saldo del debito.

La cancellazione dall’archivio dei protesti è possibile un anno dopo la data del protesto, a patto che l’interessato:

  • Abbia regolato il debito pendente;
  • Non abbia subito ulteriori protesti nel frattempo;
  • Riceva una riabilitazione ufficiale dal Presidente del Tribunale della provincia di residenza.

Il funzionario responsabile dell’ufficio protesti deve eseguire la cancellazione dei dati relativi al protesto entro 20 giorni dalla ricezione della richiesta di rimozione.

Inoltre, è prevista una cancellazione automatica del protesto dai registri dopo il decorso di cinque anni dalla data di registrazione dello stesso.

Per prevenire il rischio di un protesto di assegno, è fondamentale adottare misure precauzionali, quali:

  • Evitare di emettere assegni senza copertura, anche parziale;
  • Monitorare costantemente il saldo disponibile sul conto corrente, assicurandosi che le somme previste siano effettivamente disponibili alla data di emissione dell’assegno;
  • Tenere in considerazione i tempi di valuta bancaria, ovvero il lasso di tempo che intercorre tra il versamento di una somma a favore del conto e la sua effettiva disponibilità.

Adottando queste pratiche, si può ridurre significativamente il rischio di incorrere in un protesto di assegno, salvaguardando così la propria posizione finanziaria e la credibilità nel mondo bancario e commerciale.

Cosa succede se non pago un assegno protestato entro 60 giorni?

Nel caso in cui un assegno protestato non venga onorato entro il periodo stabilito di 60 giorni, il nome dell’emittente viene registrato nella lista dei protestati presso la Centrale di Allarme Interbancaria (CAI). Tale registrazione comporta significative conseguenze finanziarie e legali per l’emittente, mantenendosi attiva per un quinquennio, persino se l’importo dovuto venisse saldato successivamente.

Oltre all’inserimento nel registro del CAI, il mancato pagamento dell’assegno nei tempi previsti porta ad ulteriori ripercussioni per il creditore, tra cui la revoca di eventuali linee di credito concesse (conosciute anche come fidi o scoperti bancari) e l’annullamento dell’autorizzazione all’emissione di assegni da parte di qualsiasi istituto bancario.

Queste misure hanno l’obiettivo di tutelare il sistema bancario e i creditori da rischi legati a pratiche di pagamento inaffidabili, incentivando al contempo un comportamento responsabile da parte degli emittenti di assegni.

Cosa succede se non si riesce a pagare un assegno?

Qualora si emetta un assegno che risulti incassabile per insufficienza di fondi sul conto corrente, l’emittente si trova di fronte all’obbligo di corrispondere una sanzione amministrativa. L’entità di questa sanzione varia: per importi minori, la multa si aggira tra un minimo di 516 euro e un massimo di 3.098 euro.

In situazioni più gravi, come nel caso in cui l’importo dell’assegno superi i 10.000 euro o in presenza di reiterazione del comportamento scorretto (recidiva), la sanzione amministrativa prevista aumenta notevolmente. In questi casi, la multa prevista ha un valore minimo di 1.032 euro, potendo arrivare fino a un tetto massimo di 6.197 euro. Queste misure punitive sono concepite per disincentivare la pratica di emissione di assegni privi di copertura, garantendo così la serietà e l’affidabilità nelle transazioni commerciali e finanziarie.

Dopo quanto tempo avviene la cancellazione di un assegno protestato?

La cancellazione di un assegno protestato dai registri ufficiali non è immediatamente possibile, neanche in caso di saldo del debito da parte del debitore. Il processo richiede tempo e segue procedure specifiche per ripristinare la reputazione creditizia del soggetto coinvolto, consentendogli eventualmente di accedere nuovamente a prestiti bancari e di intraprendere affari senza ostacoli.

Per richiedere la cancellazione del proprio nome dall’elenco dei protesti, il titolare del protesto deve attendere un anno dall’avvenuto protesto prima di poter presentare un’istanza di riabilitazione al Tribunale, assistito da un legale. Questa richiesta può essere avanzata solo se sono soddisfatte determinate condizioni:

  • Il pagamento completo del debito è stato effettuato.
  • Non si sono verificati ulteriori protesti successivi.
  • Si è ottenuta la riabilitazione da parte del Presidente del Tribunale competente per la propria provincia di residenza.

Una volta presentata l’istanza di riabilitazione, l’ufficio protesti responsabile provvederà alla cancellazione dei dati relativi al protesto entro un massimo di 20 giorni dalla ricezione della richiesta.

Va sottolineato che, indipendentemente dalla cancellazione attiva, il protesto per un assegno bancario si prescrive automaticamente dopo cinque anni dalla data della sua registrazione. Questo significa che, trascorso tale periodo, il protesto viene rimosso dal registro informatico dei protesti senza necessità di ulteriori azioni da parte dell’individuo coinvolto.

Cosa fare per evitare il protesto di un assegno?

Per prevenire il rischio di incorrere nel protesto di un assegno, è fondamentale adottare una serie di precauzioni mirate a garantire la copertura finanziaria necessaria. Ecco alcune strategie efficaci:

  • Verifica del saldo: Prima di emettere un assegno, è cruciale controllare che il proprio conto corrente disponga di fondi sufficienti a coprire l’importo dell’assegno. Questa pratica impedisce l’emissione di assegni senza copertura, noti anche come “assegni a vuoto”.
  • Attenzione ai tempi di valuta: È importante tenere conto dei giorni di valuta, ovvero il lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui un versamento viene effettuato a favore del proprio conto e quello in cui tale somma risulta effettivamente disponibile. La conoscenza di questi tempi permette di evitare disguidi legati alla disponibilità effettiva dei fondi.

Adottare queste misure precauzionali contribuisce non solo a evitare il disagio e le conseguenze legali e finanziarie del protesto di un assegno, ma anche a mantenere solide le proprie relazioni commerciali e finanziarie, garantendo affidabilità e serietà nelle transazioni.